a cura dei volontari della Parrocchia
Impossibile non avere in cuore la grande sofferenza e i tanti disagi che tutti stiamo vivendo e abbiamo vissuto in questo lungo e difficile periodo di pandemia, non di rado connotato dal dolore per la perdita di persone care e, quotidianamente, costretti a rinunce e cambiamenti di nostri progetti, abitudini e rapporti significativi.
Certamente tutti abbiamo cercato di superare momenti difficili e anche di sfruttarli come occasioni per realizzare un di più di amore concreto, nella condivisione di tante realtà di bisogno e di solitudine di nostri vicini e fratelli.
Papa Francesco costantemente e in mille modi ci ha stimolati e incoraggiati a superare l’indifferenza per attivarci concretamente e soccorrere i più svantaggiati e bisognosi di aiuto, non limitandosi “alle parole,” ma a “cercare percorsi costruttivi, a scoprire gli immigrati come dono, a promuovere una buona politica, e soprattutto a fare ciascuno la propria parte attraverso piccoli gesti quotidiani.”
Incoraggiati da questa accorata richiesta di concretezza, ci siamo attivati con rinnovato impegno superando la preoccupazione che caratterizza questo difficile periodo (anche nella nostra realtà di vita parrocchiale) per sostenere i giovani immigrati richiedenti asilo ospiti in un appartamento della nostra Parrocchia, con gesti semplici e concreti: telefonate, scambio di messaggi, sostegno per lo svolgimento di pratiche burocratiche, riparazioni di piccoli guasti nell’appartamento. E, come risposta, una loro generosa condivisione di aiuto in piccole necessità, come la pulizia di ambienti della Parrocchia, degli spazi comuni e stradali nel territorio locale…
Recentemente, tutti noi, piccolo gruppo di volontari, collegati W.A con un più vasto gruppo di parrocchiani, abbiamo approvato l’accoglienza di un nuovo ragazzo, proveniente dal Mali, Baghedi, che si è aggiunto ad altri tre nigeriani già presenti da tempo a S. Lucia. Per l’occasione abbiamo organizzato una piccola festa di accoglienza in un clima di famiglia, semplice ma sentito e condiviso. Si, perché era chiaro in noi che nonostante le difficoltà oggettive del momento, si faceva festa per accogliere fratelli più svantaggiati e che in loro era presente Gesù “…Tutto quello che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avrete fatto a me”.
Il giorno dopo, non avendo potuto cenare insieme per ovvi motivi legati alla pandemia, abbiamo fatto arrivare pizza per tutti. Graditissima! seguita da un loro coro di ringraziamenti.
Certo, una piccolissima esperienza quella che stiamo portando avanti da tempo con gli immigrati nel nostro territorio, una “goccia” nel mare della sofferta realtà dell’immigrazione e dell’emarginazione… Tuttavia avvertiamo con gioia di poter così aderire all’invito di Papa Francesco e, superando l’indifferenza, di fare concretamente la nostra piccola parte di cristiani vigilanti nell’amare.